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Artist | Interior&Product Designer
Paesaggi Umani
Choros (Danza)
Choros è la Danza, il movimento primigenio e vitalistico della bellezza pura.
Con la stessa primordiale potenza di un impulso atavico al divenire, coltiva la leggerezza, la fluidità, la forza tenace e la resistenza, che sublimano la materia in rigorosa armonia.
L’opera, realizzata per celebrare il decimo anniversario del Premio Internazionale di Danza Classica per i giovani, intitolato a Maria Antonietta Berlusconi, conserva ed esalta un’anima di ferro, tagliata ad acqua, impregnata di oro ed azzurro: simulacro di una dimensione ancor prima esistenziale che esornativa…“uno stile di vita”.
Con la stessa primordiale potenza di un impulso atavico al divenire, coltiva la leggerezza, la fluidità, la forza tenace e la resistenza, che sublimano la materia in rigorosa armonia.
L’opera, realizzata per celebrare il decimo anniversario del Premio Internazionale di Danza Classica per i giovani, intitolato a Maria Antonietta Berlusconi, conserva ed esalta un’anima di ferro, tagliata ad acqua, impregnata di oro ed azzurro: simulacro di una dimensione ancor prima esistenziale che esornativa…“uno stile di vita”.
Cosmos (Ordine)
L’abitudine tesse i giorni, come la tela di un ragno e come un panno. Scalda, rassicura, ma allo stesso tempo soffoca, copre, offusca. Sotto questo manto sclerotizzato, intriso di giorni di cemento, l’esistenza perde di leggerezza e fluidità, contratta da una materia afasica, dispotica, soffocante.
Lo spazio collassa irrigidito, cola nero sul buio di un isolamento forzato, rigido simulacro dell’incomunicabilità.
Eppure, proprio, dall’ acme claustrofobica dell’afasia, la vita risorge, simile a una fenice, recupera forza, genera, distilla il senso profondo e ineffabile dell’esperienza umana, come ordine imperscrutabile e abbacinante.
Lo spazio collassa irrigidito, cola nero sul buio di un isolamento forzato, rigido simulacro dell’incomunicabilità.
Eppure, proprio, dall’ acme claustrofobica dell’afasia, la vita risorge, simile a una fenice, recupera forza, genera, distilla il senso profondo e ineffabile dell’esperienza umana, come ordine imperscrutabile e abbacinante.
Dentro (Albero)
L'opera è concepita come un labirinto metallico: intreccio e specchio delle possibilità dell'esistere, che sfociano e fioriscono in un albero della vita a tratti spigoloso, carico dei riflessi di una dialettica luministica minimalista.
Nelle contraddittorie sfumature del tempo ( arma a doppio taglio e insieme ascia di guerra), l'esperienza è dedalo, ragnatela, scheletro, intreccio e disorientamento. È un accavallarsi di percorsi, i cui snodi si rendono rami cresciuti su una soggettività intensa e complessa, fra terra e cielo, radici e libertà
Nelle contraddittorie sfumature del tempo ( arma a doppio taglio e insieme ascia di guerra), l'esperienza è dedalo, ragnatela, scheletro, intreccio e disorientamento. È un accavallarsi di percorsi, i cui snodi si rendono rami cresciuti su una soggettività intensa e complessa, fra terra e cielo, radici e libertà
Eco
La vita scorre e sedimenta, lasciando risuonare ricordi oggettivati e parcellizzati fino ad una concretezza parossistica.
Il tempo cristallizza in riverberi di chiarore, su una superficie materica, grezza, quasi cicatriziale, metafora dell'esperienza umana, che nella sua complessità di sfumature non trova racconto, se non in un'eco sorda di immagini senza parole e tagli preziosi, capaci di catturare luce e buio, restituendo il bagliore indistinto e pastoso dell'esistente.
La chitarra (dalla scanzonata derivazione pop) diventa, privata delle corde e resa tela di un dipinto tridimensionale, simbolo di un discorso sospeso, incompiuto, profondamente afasico, proprio come la pretesa di rendere narrabile la dimensione umana.
La vita assume i tratti di una sostanza contratta e ineffabile; scompone e ritratta le geometrie dorate di superficie in graffi "lunari", misteriosi, imponderabili: sull'illusione di un discorso logico, lineare, sontuoso si inserisce inesorabile la frammentazione cupa, eppure luminescenti, di un universo in continua collisione: il misterioso essere dell'Uomo.
Il tempo cristallizza in riverberi di chiarore, su una superficie materica, grezza, quasi cicatriziale, metafora dell'esperienza umana, che nella sua complessità di sfumature non trova racconto, se non in un'eco sorda di immagini senza parole e tagli preziosi, capaci di catturare luce e buio, restituendo il bagliore indistinto e pastoso dell'esistente.
La chitarra (dalla scanzonata derivazione pop) diventa, privata delle corde e resa tela di un dipinto tridimensionale, simbolo di un discorso sospeso, incompiuto, profondamente afasico, proprio come la pretesa di rendere narrabile la dimensione umana.
La vita assume i tratti di una sostanza contratta e ineffabile; scompone e ritratta le geometrie dorate di superficie in graffi "lunari", misteriosi, imponderabili: sull'illusione di un discorso logico, lineare, sontuoso si inserisce inesorabile la frammentazione cupa, eppure luminescenti, di un universo in continua collisione: il misterioso essere dell'Uomo.
Ethos (La Via del Vivere)
Elogio alla modestia, come tratto di solidità e purezza, Ethos rinuncia alle decorazioni artificiose, lasciando alla semplicità degli elementi l’occasione di una dialettica schietta, da cui affiora una potenza esistenziale inviolabile.
La base di legno (umile, imperfetta, col suo calore vitalistico intrinseco) intesse un confronto plastico con parti in smalti e resina (sintetici, assorbenti, dalle cromie quasi asfittiche).
La superficie dell’opera ne risulta cicatrice e fermento di un incessante e faticoso incedere nei conflitti dell’esistenza umana.
I tratti dorati, che si stagliano netti sull’impasto cupo, reclamano la certezza di una spiritualità coraggiosa. Su di essi, come rimando ad un dualismo atavico, sono incastonati cristalli grezzi a taglio vivo, che assorbono e restituiscono, nel nero lucido e irregolare, tratti luminosi ineffabili quanto solidi: il rimando è allo sguardo della Madonna, simbolo dell’esperienza umana e dell’ascesi; ispirazione mistica, dalle radici profondamente umane e dalle prospettive trasfiguranti.
La solidità etica dell’esempio mariano segue e traccia il percorso del Santo Padre: si ricompone e riconosce nel simbolo della Croce, che emerge e compare, con l’assertività incondizionata delle Fede.
La base di legno (umile, imperfetta, col suo calore vitalistico intrinseco) intesse un confronto plastico con parti in smalti e resina (sintetici, assorbenti, dalle cromie quasi asfittiche).
La superficie dell’opera ne risulta cicatrice e fermento di un incessante e faticoso incedere nei conflitti dell’esistenza umana.
I tratti dorati, che si stagliano netti sull’impasto cupo, reclamano la certezza di una spiritualità coraggiosa. Su di essi, come rimando ad un dualismo atavico, sono incastonati cristalli grezzi a taglio vivo, che assorbono e restituiscono, nel nero lucido e irregolare, tratti luminosi ineffabili quanto solidi: il rimando è allo sguardo della Madonna, simbolo dell’esperienza umana e dell’ascesi; ispirazione mistica, dalle radici profondamente umane e dalle prospettive trasfiguranti.
La solidità etica dell’esempio mariano segue e traccia il percorso del Santo Padre: si ricompone e riconosce nel simbolo della Croce, che emerge e compare, con l’assertività incondizionata delle Fede.
Gea (Terra)
Gea è terra madre, nucleo fondativo e centro gravitazionale: pulsante origine della vita.
L'opera la rappresenta come una sfera sospesa fra i tagli metallici di un cielo livido, rassicurante calamita di un pulviscolo cobalto, inteso ad evocare il coagularsi del tempo, con le sue promesse di vetro e le sue virate taglienti.
Lo stratificarsi dei giorni sul corpo perfetto di Gea è riflesso della serenità che infonde alle vite dei suoi figli, cui presta la propria tattile solidità e che, a loro volta, la rendono, lucente, maestosa, perfetta.
Gea esiste per generare, nutrire, scaldare. Lo fa, restando in ascolto del caos inarrestabile del vivere, cui restituisce equilibrio , in un carnevale silenzioso, in una sfilata di materiali diversi, seppure fusi nella comune, imprescindibile origine.
L'opera la rappresenta come una sfera sospesa fra i tagli metallici di un cielo livido, rassicurante calamita di un pulviscolo cobalto, inteso ad evocare il coagularsi del tempo, con le sue promesse di vetro e le sue virate taglienti.
Lo stratificarsi dei giorni sul corpo perfetto di Gea è riflesso della serenità che infonde alle vite dei suoi figli, cui presta la propria tattile solidità e che, a loro volta, la rendono, lucente, maestosa, perfetta.
Gea esiste per generare, nutrire, scaldare. Lo fa, restando in ascolto del caos inarrestabile del vivere, cui restituisce equilibrio , in un carnevale silenzioso, in una sfilata di materiali diversi, seppure fusi nella comune, imprescindibile origine.
Opsis (Sguardo)
Opsis è lo sguardo acuto che scardina lo schema e intesse un rapporto profondo, materico, inatteso, con scenari apparentemente monolitici: è una versione acuta della realtà, scomposta e restituita in soluzioni plastiche incompiute, dinamiche, vive, oltre la retorica di una geometria rassicurante.
Nell’imperfezione della solidità, accennata e negata dalla costruzione di un cubo “ferito” (con anima in cemento e finiture in foglia oro, sulla superfice impreziosita e rotta da graffiature volumetriche), emergono gradazioni articolate della struttura.
E’ la resa oggettuale di un vivace intrecciarsi di punti di vista: risposta curiosa all’afasia di certezze statiche. L’opera vuole celebrare il potere disvelante dello spirito sensibile ed acuto, di chi si offre alla lettura dei fatti con originalità, per scavare nel tessuto profondo di costruzioni culturali consolidate.
Il cubo rotto, scalfito dal dubbio e arricchito dal coraggio dell’eterodossia, restituisce all’osservazione il sapore della genialità: guardare è trovare e creare, con una prospettiva viva, nutrita di intelligenza e dubbi.
Nell’imperfezione della solidità, accennata e negata dalla costruzione di un cubo “ferito” (con anima in cemento e finiture in foglia oro, sulla superfice impreziosita e rotta da graffiature volumetriche), emergono gradazioni articolate della struttura.
E’ la resa oggettuale di un vivace intrecciarsi di punti di vista: risposta curiosa all’afasia di certezze statiche. L’opera vuole celebrare il potere disvelante dello spirito sensibile ed acuto, di chi si offre alla lettura dei fatti con originalità, per scavare nel tessuto profondo di costruzioni culturali consolidate.
Il cubo rotto, scalfito dal dubbio e arricchito dal coraggio dell’eterodossia, restituisce all’osservazione il sapore della genialità: guardare è trovare e creare, con una prospettiva viva, nutrita di intelligenza e dubbi.
Pnoè (Soffio)
Pnoe’ in greco significa soffio. L'opera ne interpreta il significato esistenziale profondo, come un atto di trasformazione vitalistica, in cui il tempo ( tessuto avvolgente, che ripara e , allo stesso tempo, annienta) si rapprende, coagula, restituisce un io sublimato nel bisogno di emergere dall'indistinto.
L'Uomo prende forma, si svela, recupera una dimensione fatta di volumi e cinetismo: il diaframma si increspa, rompe la linearità di uno sguardo che non riposa. Trasforma in luce il respiro sincopato di una corsa resa libertà, conoscenza, confine varcato, riverbero, fiato che brucia i polmoni e incendia i giorni.
L'Uomo prende forma, si svela, recupera una dimensione fatta di volumi e cinetismo: il diaframma si increspa, rompe la linearità di uno sguardo che non riposa. Trasforma in luce il respiro sincopato di una corsa resa libertà, conoscenza, confine varcato, riverbero, fiato che brucia i polmoni e incendia i giorni.
Poiesis (Creazione)
Poiesis è forza creativa e fermento vitale, capacita di sublimare il vissuto in forme ispiranti, con la tensione drammatica di un "qui e ora", cristallizzato in intenzione dinamica.
L'opera rimanda alla "poesia del vivere", che trova spazio nell'humus esistenziale dell'Artista, prestato ad assorbire e restituire l'universalità dell'esperienza, in un fiorire vivido e in un'intima corrispondenza con lo spettatore.
Il sipario è bandiera di un'identità profonda, è coperta, inizio e fine che si rinnovano, rifugio ed attesa, promessa e prodromo di un incanto vivo e melanconico, di cui resta, in chi guarda, concrezione e fermento.
In Poiesis, il tempo, stratificato in 40 anni di vivere incessante in e per la Danza di Alessandra Ferri, è condensato in una dinamica perpetua. La base ne stabilisce il ritmo, giocato fra accenti plastici e percorsi complessi. Proprio qui resta impigliata l'eco di un movimento fluido come la Vita e iconico come la formidabile vertigine dell'Arte.
L'opera rimanda alla "poesia del vivere", che trova spazio nell'humus esistenziale dell'Artista, prestato ad assorbire e restituire l'universalità dell'esperienza, in un fiorire vivido e in un'intima corrispondenza con lo spettatore.
Il sipario è bandiera di un'identità profonda, è coperta, inizio e fine che si rinnovano, rifugio ed attesa, promessa e prodromo di un incanto vivo e melanconico, di cui resta, in chi guarda, concrezione e fermento.
In Poiesis, il tempo, stratificato in 40 anni di vivere incessante in e per la Danza di Alessandra Ferri, è condensato in una dinamica perpetua. La base ne stabilisce il ritmo, giocato fra accenti plastici e percorsi complessi. Proprio qui resta impigliata l'eco di un movimento fluido come la Vita e iconico come la formidabile vertigine dell'Arte.
Uranos (Cielo)
Uranos è il cielo, che, nella sua vastità incorporea, suggerisce richiami atavici al sacro, ma, al contempo, si contrae, si rompe, si rivela.
La perfezione in sé conclusa di una sfera condensa l'ambizione frustrata all'infinito e scopre la ferita preziosità degli uomini. Lo fa come uno specchio rotto: illumina certezze polverizzate e moltiplica i bagliori dell' imperfezione.
L'opera trasferisce, nella dimensione del palmo di una mano, l'immensità di uno scenario eterno e la trasforma in feticcio, quasi nel simulacro di un lampadario di modernariato, eco di abbaglianti notti anni 80, di una gioventù gagliarda, di una candida prospettiva rampante.
URANOS è un cielo " da comodino" , sublimato delle sicurezze di un Icaro contemporaneo: uomo in bilico fra ambizione metafisica e concretezza carnale, immagine riflessa del mosaico complesso e dolorosamente prezioso del vivere.
La perfezione in sé conclusa di una sfera condensa l'ambizione frustrata all'infinito e scopre la ferita preziosità degli uomini. Lo fa come uno specchio rotto: illumina certezze polverizzate e moltiplica i bagliori dell' imperfezione.
L'opera trasferisce, nella dimensione del palmo di una mano, l'immensità di uno scenario eterno e la trasforma in feticcio, quasi nel simulacro di un lampadario di modernariato, eco di abbaglianti notti anni 80, di una gioventù gagliarda, di una candida prospettiva rampante.
URANOS è un cielo " da comodino" , sublimato delle sicurezze di un Icaro contemporaneo: uomo in bilico fra ambizione metafisica e concretezza carnale, immagine riflessa del mosaico complesso e dolorosamente prezioso del vivere.
Zoe (Vita)
Il brodo primordiale, indistinto fermento, tessuto brulicante di vita nelle sue infinite possibilità, assume la dimensione materica del divenire e dell’imponderabile, sublimati in un’opera tattile.
La stasi di una superficie in legno, inerte simulacro di un tepore vitalistico, si rompe e si increspa in scheggiature irregolari, dinamiche, quasi scabrose, percepibili nella dimensione infinitesimale del tempo che passa inesorabile, che scalfisce, rigenera, promette, rompe e muta.
La vita procede, autonoma, inarrestabile, indomita, non programmabile, nel buio assorbente di un meccanicismo capace di trascendere ogni progetto.
La stasi di una superficie in legno, inerte simulacro di un tepore vitalistico, si rompe e si increspa in scheggiature irregolari, dinamiche, quasi scabrose, percepibili nella dimensione infinitesimale del tempo che passa inesorabile, che scalfisce, rigenera, promette, rompe e muta.
La vita procede, autonoma, inarrestabile, indomita, non programmabile, nel buio assorbente di un meccanicismo capace di trascendere ogni progetto.
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